Loretta Dorbolò


Loretta Dorbolò è molto probabilmente la maggior pittrice vivente delle Valli.
Qualche nota critica sulla sua opera.

Pogovor z Loretto Dorbolò

V cierkvi sv. Frančiška v Čedade se je v nediejo 24. maja 1998 zaparla liepa razstava domače slikarke Lorette Dorbo1ò.
Cetudi že puno liet Loretta živi an diela v provinci Modena, nie nikoli pozabila rojstne vasi Bjarč v špietarskim komunu ne našega slovenskega dialekta ne suoje ljudi, sa v njegovih slikah pogosto vidimo domače obraze an podobe, scene iz vsakdanjega življenja an sanje naših otruok.

Razstava v Čedadu je vzbudila velik interes v širšem kulturnem ambientu an še posebno med našimi ljudmi, ki so si v velikem številu ogledali lepe slike.

Pred zapartjem rastave smo se z Loretto pogovorili o njegovem umetniškem dielu.


"Do dvanajst liet san živiela v Bjarču. Naša družina je bla zlo velika, sa vsieh nas je bluo 17, od none do stricu an puno otruok.
Kar je umarla naša nona, muoja družina - tata, mama an štier hčere - je šla živet v Špietar.
Kar san imiela 20 liet, san se oženila an san šla stat blizu Modene, kjer me se je sviet zdeu zlo drugač, zakì nie bluo vič muojih breguovu, muoje Nediže an je bla nimar magla.
Dol san se čula nomalo sama an san se zmišjuvala na farbe, ki san jih tle pustila, an takuo san začela slikat, piturat za jih imiet šele pred mano".

Teli spomini na vaše mlade lieta an na začetak vašega umetniškega delovanja kažejo, de ste imiela veliko nostalgijo po rojstih kraju an v vaših slikah se vidijo pru tele stvari...

"Ja, jest niesan znala piturat, slikat, sa san se učila za meštro.
Pa san čula v mene potriebo videt an imiet pred mano tiste farbe an tiste ljudi, ki san jih pustila tle.
Bila je čista nostalgija".

Potle pa ste postala prava slikarka.

"Na vien še jest, kuo se je tuo zgodilo, zaki jest san živiela muojo življenje normalno, san imiela 'no čičjco, san učila v šuoli an počaso san se ambientala v tistem svietu, v katerim san živiela, četudi muoje sarce je bluo nimar tle an kar san le mogla, san se gor varnila za vjdet muojo družino, muoje kraje, za se nabrat no malo sonca an za iti plesat.
Brez tiet se je zgodilo, de san ratala na slikarka.

Lieta 1977 nieki galerist iz Reggio Emilia je vidu muoje slike an me je jau, de je trieba tele diela dat poznat an takuo jih je vključu v adno razstavo že znanih umetniku.
Muoje slike so ble ušeč an so ble hitro prodane, takuo nimar tist galerist me je prepriču narest 'no osebno razstavo an od tekrat san šla naprej po teli pot".

Takuo ste ratala ponos tudi za naše doline.
Vas veseli, de ste skuoze vaše dielo daia poznat tudi naše kraje an ne samuo v Italiji?


An še posebno čujejo potriebo se ljubit an se kupe ušafat, takuo ki vičkrat vidijo v muojih slikah.
Ljudje iz drugih kraju Italije an Evrope so me poviedli, de tudi oni imajo v pameti tiste podobe an potriebo po ljubezen, ki je potrieba vsieh ljudi".

Druga rieč, ki vas darži povezano z našimi dolinami, je naš jezik, sa govorite šele po slovensko.

"Ja, z muojimi sestrami guorin nimar po slovensko, četudi miešan besiede po talijansko.
Tudi muoja hči, ki prave, de se čuje iz telih dolin, se je navadla no malo naš jezik, kàr doma z muojo mamo san guorila nimar po slovensko".

DOM št. 10 - 1998

NOTE BIOGRAFICHE

Loretta Dorbolò è nata a San Pietro al Natisone (Udine).
Nel 1970 si è trasferita a Concordia sulla Secchia (Modena) dove ha cominciato a svolgere l'attività di insegnante di scuola elementare e a dipingere da autodidatta.
Ha iniziato ad esporre i suoi quadri nel 1977, ottenendo rapidi successi di pubblico e di critica.

Ha partecipato a numerose collettive e rassegne conseguendo premi e riconoscimenti.
Ha fatto parte del gruppo di pittori scelti per illustrare il romanzo Il tesoro del Bigatto di Giuseppe Pederiali.
Loretta Dorbolò è uno dei 30 artisti inseriti nella prestigiosa collana d'Arte Quelli che contano di F. Anselmetti, Edizioni Marsilio, presentato nel 1988 in Campidoglio.

Vari articoli sull'artista sono apparsi su: Friuli nel mondo, Il Tempo, Messaggero Veneto, Week in Rome, Il Resto del Carlino, La Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio, Valli del Natisone, Novi Matajur, la Prealpina, Il Ducalino, Idea, Primorski, Bresciaoggi, Scena Illustrata, Il Bollettino dei Naifs, l'arte naive, Vita Cattolica, Il Quadrato.

Interviste e servizi Radio e Televisivi:
Roma (E. Anselmetti); RAI (M. Fucile);
GR. 2 (M. Tartaglia); RAI Regione Friuli (I. Damiani);
TELEFRIULI;
TRC Modena;
ANTENNA 1 Modena;
Radio Capodistria;
TV Capodistria; Radio Spazio (UD);
Tele Chiara (UD).

QUALCHE NOTA CRITICA

Mi piace soprattutto, nella Dorbolò, la sua voglia di proseguire per la sua via, in modi estrosi, divertiti, umoristici e stupefatti insieme, di voltare le spalle ai modi dei maestri e dei mostri sacri della pittura moderna.

Mi piace il suo scatto fantastico, la sua "voglia di volare", che è vitalità estrosa e surreale...

Ma c'è nella Dorbolò anche una sorta d'inquietudine espressionistica, di dramma oscuro, implicito nelle cose.
Vi è come uno svolio e divincolio degli oggetti, percorsi da un vento magico. Nel momento stesso che racconta l'universo della sua infanzia, stregato e concreto, la Dorbolò lo avvolge in un velo d'umorismo e d'autoironia.
Lo guarda dal di fuori, ne conosce i limiti perché ha perduto l'ingenuità della visione.
Ma le piace raccontarlo con vivacità fanciullesca, con brio descrittivo, minuto e travolgente, che attinge da una cisterna senza fine.

Come accade spesso in questo genere di pittura, le scene a volte tendono ad assumere significati simbolici, minacciosi, o carichi addirittura di risonanze apocalittiche.

Il mondo contadino straordinariamente ricco di favole, di superstizioni, di narrativa orale e di suggestioni arcaiche, è minacciato dagli orchi e dalle streghe dell'industrialismo che dissacra e distrugge.

Vi è nei quadri della Dorbolò il sospetto che quella cultura, che è durata per millenni, abbia ormai i giorni contati.

Nota critica

Ho detto di quadri che paiono più o meno conclusi, va bene, la conclusione per esempio la vedo in quegli abbracci struggenti e finali:
tutto ritrovato, tutto chiarito, nulla più di cui avere paura, gli ombrelli non servono più, siamo arrivati.
Aperta, invece, è la marcia coraggiosa della ragazza che se ne va nel vento, abito e capelli al vento, l'ombrello come la lancia di un antico soldato, e quando sarà inservibile alla battaglia, eccone un altro di riserva.
Non mi sembra giusto mettersi davanti a questi quadri e a queste righe solo dopo aver indossato il nero mantello del filosofo, o quello stellato dell'indovino.

Sia quel che ha da essere, la pittura di Loretta Dorbolò la si può godere anche senza star lì a caricarsi di domande, ed anzi chissà che non sia meglio farlo così, anche a costo di qualche errore.
Spender scrive, in una delle sue più belle poesie, che al momento della morte, William B. Yeats divenne i suoi ammiratori, e probabilmente questo è ciò che tocca ad ogni poeta, ad ogni artista, e anzi a chiunque compia un atto o esprima un'opinione che debba o possa essere pubblicamente discussa:
si può sempre essere fraintesi, capiti solo in parte e certe volte addirittura non capiti; quello che tuttavia conta è infine spargere un po' di bene, un pochino di poesia, forse un atomo di verità.

UNA MOSTRA

Alla prestigiosa Galleria "La Feluca", in via Frattina, a Roma, dal 4 al 22 dicembre 1986 espone Loretta Dorbolò, con una personale dal titolo
"Un mondo da raccontare".
E il suo è un mondo fantastico, a prima vista, come può apparire quello dei naif, quando non si conosce l'autore e il mondo dal quale proviene.

Ma Loretta Dorbolò è nativa delle nostre Valli, più precisamente di S. Pietro al Natisone ed ha vissuto la sua infanzia a Biarzo, sulla riva del fiume, là dove si sono ritrovate le più antiche tracce di presenza umana nel nostro territorio.

Sposatasi si trasferì nella bassa modenese, una terra piatta e nebbiosa, tutto l'opposto della sua natale.

Qui cominciò a dipingere, poi ad esporre nel 1977, ottenendo subito convincenti successi, venuti via via crescendo.

Ma dicevamo del suo mondo pittorico, che a quello suo natale molto si rilega, un mondo che rivive le favole e le sue fantasie di un tempo, quelle, forse, della sua fanciullezza, con i racconti attorno al focolare che riuniva la numerosa famiglia patriarcale, di cui Loretta era la più piccola.

E di questa famiglia, nelle sue opere, traspare la sacralità nelle scene d'interni, come traspare la gioia dei fanciulli nei loro fantastici giochi all'aperto, mentre i grandi lavoravano la terra; in un'opera del 1981, intitolata
"gli occhi dell'infanzia",
c'è, seduta alla biforcazione dei rami, su un albero, una bambina che guarda il cielo ove scorge fantastici paesini e carrozze cariche di fanciulli, tirate da vivaci cavallucci; forse un auto ritratto.
Certo l'indicazione dei sogni di una bambina sensibile che ora, nelle sue opere, esprime sé stessa con una serenità velata, anche, di un dolce senso di malinconia.

La mostra è stata presentata, da par suo, dallo scrittore Carlo Sgorlon, che ad un tal mondo sappiamo quanto è sensibile; segue uno scritto di Derna Querel, che della Feluca è l'animatrice, e un pezzo della stessa, autrice, dal titolo assai indicativo:
"Amore, salute, e un pezzo di polenta",
che si chiude ricordando il passato, di cui vorrebbe
"conservare la bellezza dello stupore e il fervore del commento costruttivo".

La mostra, che ha avuto anche tutto il cordiale e fattivo appoggio del Fogolar furlan di Roma, sarà, ne siamo certi, un nuovo successo, che, facendo onore meritato a Loretta Dorbolò, sarà implicitamente, anche un onore per le Valli.
Carlo Sgorlon per la prima nota critica

Mino Milani per la seconda

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